martedì 11 agosto 2009

Verso Sud- parte 2

Visitare i villaggi nei pressi della bassa valle dell'Omo (anche se purtroppo non abbiamo potuto spingerci tanto oltre) e' come entrare in un mondo parallelo, fermatosi a due secoli fa. Avete presente Narnia?ecco, anziche' passare per l'armadio, non siamo arrivati su di un Nissan patrol, ma il risultato e' stato questo. L'esperienza piu' bella l'abbiamo fatta venerdi', quando siamo andati al villaggio Dorze. I Dorze sono una tribu' di circa 7800 individui, che vivono in delle capanne speciali, fatte con bambu e foglie di falso banano (enset) intrecciate, alte fino a 12 metri. Nonostante l'apparenza, sono straordinariamente resistenti all'azione del tempo e degli agenti atmosferici, piegandosi solo all'implacabile voracita' delle termiti, che ne divorano 20 cm all'anno. Dall'enset i Dorze ricavano anche il loro alimento principale, una specie di pane (disgustoso, l'injera al confronto e' una squisitezza per intenditori, N.d.A.) fatto dalla parte della foglia, che viene sminuzzata, impastata con acqua e poi messa sotto a dei sassi a fermentare per sei mesi. Ecco la ragione di cotanto orrore alimentare, pero', come si dice, questo passa il convento. L'inventiva di questi popoli, la capacita' con cui dal nulla hanno saputo ricavare case, vestiti, alimenti, e' davvero sorprendente.
Una nota a parte merita la loro abilita' nel tessere i tessuti: gli uomini hanno la prerogativa, ed il telaio, con cui marco si e' cimentato in un tentativo ammirevole di emulare i locali, e' un piccolo prodigio della tecnica. Tra l'altro, a causa di un a specie di cerchietto con peli di capra, io ho scambiato il ragazzo che tesseva per una donna e l'ho apostrofato come tale, povero! L'esperienza piu' bella e' stata la sera, pero', quando ci siamo fermati a dormire li' nelle loro capanne e abbiamo potuto assistere ai loro balli e canti tribali. Se ci ripenso mi vengono ancora i brividi (si ok, quelli forse erano per il freddo, nonostante il gabi che ci hanno dato a 3000 e passa metri era una freddo allucinante, per fortuna che ci hanno coinvolto nelle danze!).

Verso sud- parte 1

I giorni appena trascorsi sono stati splendidi. Uscire dalla citta' e dallo smog per attraversare natura incontaminata e' stato rigenerante. Scendendo verso sud, i paesaggi che si incontrano sono a volte di una bellezza mozzafiato, passando dai boschi di acacie ai campi arsi dal sole, dalle montagne alla foresta equatoriale. Arba Minch in se' non e' una bellezza, sembra quasi una cittadina da far west americano, di sera, gia' alle otto e' tutto buio, molti locali sembrano abbandonati da tempo e poche persone passeggiano in strada. Quello che la natura offre li' intorno, pero' e' stupefacente. Il Nechisar, al di la' degli animali incontrati, per lo piu' zebre, scimmie e gazzelle, e' un susseguirsi di paesaggi magnifici. Unica nota dolente, il nostro fondoschiena: la strada e' forse la peggiore che abbia mai fatto, definirla sterrata e' un pallido eufemismo, ed ancora mi chiedo come ne siam venuti giu' sani e salvi. A completare la giornata, c'e' la stata la gita in barca sul lago chamo, letteralmente pieno dui coccodrilli enormi ed ippopotami, nonche' di pellicani, marabu' ed altri uccelli, che, non so come mai, si intrattenevano fianco a fianco dei coccodrilli senza esserne minimamente spaventati. Forse e' perche dicono che i coccodrilli prediligano pesci, bestiame e, se capita, umani nella loro dieta. I volatili, evidentemente, non sono di loro gradimento e dormono sogni tranquilli.
In tutto cio' il barcaiolo ad un certo punto si e' stancato di guidare, ha passato il timone a Marco e si e' messo a masticare il chat! :)
La LP raccomanda di non sporgere per nessun motivo braccia e gambe dalla barca, e visto il numero di coccodrilli che mi sono passati a due metri neanche, beh non c'e' bisogno di capire la ragione. Quel che e' strano e' che ci sono un sacco di pescatori che con dei trabiccoli di legno assolutamente instabili e precari, su cui io non andrei nemmeno nella piscina comunale, solcano il lago in lungo e in largo, apparentemente noncuranti del pericolo. E i coccodrilli, ogni tanto, ringraziano.

L'ora si avvicina, spero di fare in tempo a scrivere il resto da qui.

mercoledì 5 agosto 2009

time is running out

Ci pensavo ieri sera, a questa canzone dei Muse. E' tutto li'. Il tempo sta finendo, ormai sono agli sgoccioli e mi sembra ieri che atterravo ad Addis in mezzo ad un caldo soffocante e al traffico cittadino. Tre mesi che quando sono a casa sembrano non passare mai e che anche prima di partire ti chiedi quanto potranno passare veloci. Sono letteralmente volati. Il mio tempo sta finendo ed io vorrei che questa settimana fosse lunga un anno. Vorrei tornare a casa per due giorni, salutare tutti e ripartire di nuovo. Vorrei non dover contare i giorni, le settimane ed i mesi come se me ne rimanessero pochi davanti. Vorrei poter pensare che il ritorno non e' la fine, ma solo una sosta prima del prossimo viaggio. Vorrei poter essere ancora li', cartina alla mano, a pianificare (ma neanche troppo, solo per il gusto di sognare) il mio giro del mondo. E invece, mai come stavolta, mi sento disperata all'idea di tornare a casa. E' anche vero che dopo tre mesi in Etiopia sento l'esigenza di spingermi oltre, si sa che I have itchy feet. Dopo un po' la terra mi scotta sotto i piedi, sento che me ne devo andare, scoprire posti nuovi, nuove emozioni. Ecco vorrei potern andare altrove, piuttosto che tornare a casa. Soprattutto perche' adesso tornare a casa significa la fine di tutto, almeno per un bel po'. O meglio la fine del sogno, che e' un po' la stessa cosa. Mi piace pensare comunque, perche' se c'e' una cosa che ho imparato qui e' essere ottimista, che prima o poi trovero' modo di realizzare anche questo sogno.

martedì 4 agosto 2009

Harar, le iene ed i masticatori di chat

Lo scorso week end siamo andate ad Harar. Avevo bisogno di sole, dopo un mese e mezzo di piogge ininterrotte. Il tutto e' stato un po' (tanto) improvvisato, visto che fino a givoedi' pomeriggio dovevamo andare tutti insieme ad Arba Minch, al sud, poi causa influenza improvvisa di Elisa (povera!) mi son trovata a riorganizzare il penultimo week end in un'ora. Detto fatto. Scese a Dire Dawa, siamo andate a vedere il mercato dei cammelli, dove un simpatico ma bavoso quadrupede ha scambiato i miei capelli per la bieta mattutina e stava per farci colazione (che sia indicativo del fatto che devo andare dal parrucchiere?chissa'!?!) e a kafira, il mercato principale, dove ci siamo immerse in un dedalo di bancarelle, che vedevano soprattutto verdura e spezie. Penso che qualunque spezia mi fosse mai balenato per la testa di acquistare, avrei potuto trovarla. E forse anche quelle che non credevo minimamente esistessero.
Poi ci siam spostate verso Harar. La LP la descrive come "un mondo a parte', qualcosa di completamente diverso dal resto dell'Etiopia e mi sento di confermare tutto. Ah Harar si sente tantissimo l'influenza araba e la vicinanza con la Somalia. Il cuore della citta' e' la parte vecchia, racchiusa nelle mura, vecchie di 500 anni. Anche se di solito preferisco evitare, stavolta sembrava indispensabile prendere una guida e cosi' ci siamo affidate a Lishan, che poi si e' rivelato gentilissimo e molto preparato. Lui ci ha permesso di entrare a visitare le case tipiche adare, ci ha spiegato la storia, usi e costumi del popolo e grazie a lui abbiamo anche assistito ad una cerminonia nuziale!O meglio, ai festeggiamenti che la precedevano. Tra l'altro qui i matrimoni sono considerati l'evento principe della vita, sorpattutto della donna, tanto che i festeggiamenti ed i preparativi vanno avanti per tutta la settimana che precede la cerimonia!Harar e' nota anche per il chat. Gia' e' diffuso ad Addis Abeba e nel resto del Paese, ad Harar che ne ' la patria e' proprio un'abitudine universale. Dicesi chat una pianta allucinogena che gli abitanti locali mangiano a piu' o meno tutte le ore del giorno, con cui si stordiscono e , purtroppo, placano l'appetito. Gli effetti sono veramente devastanti, soprattutto considerata l'altissima diffusione: pare che circa il 90% della popolazione di Harar ne sia dipendente. Pure le capre mangiano, tra l'altra erba, il chat. E le vedi barcollare per i vialetti acciottolati come le persone, in uno scenario a dir la verita' piuttosto desolante.
La cosa piu' impressionante di Harar e' stato comunque il pasto delle iene. Alla sera, tutti i giorni, l'uomo delle iene si presenta fuori dalle mura per compiere questo rituale. La cosa nasce 58 anni fa, ai tempi di una tremenda carestia, quando un religioso locale sogno' che nutrire le iene avrebbe posto fine alla fame. Da allora, tutte le sere due uomini si alternano per nutrire le iene, che escono dalla boscaglia in branco e vengono a prendere il cibo (interiora di cammello) dalle mani e soprattutto dalla bocca del temerario signore. (temerario per le interiora di cammello, direi!anche se teoricamente le iene sono animali piuttosto selvaggi e pericolosi, pare infatti che lui si fidi di alcuni animali tanto da porre la sua faccia a cinque cm dalla bocca dell'animale). Nell'immaginario colelttivo (Il Re Leone docet) le iene sono tutt'altro che animali simpatici e magari anche bruttarelli. A me invece son piaciute un sacco: son molto piu' grosse di come me le aspettavo, massicce, ma devo dire veramente affascinanti. E starci seduta a venti cm di distanza e' stata di certo l'esperienza piu' interessante di questo week end, ma direi anche in generale! Meno divertente e' stato quando il giorno Lishan ci ha rivelato che in realta' sedersi per terra non e' poi cosi' sicuro come mi aveva detto il giorno prima e che le iene, anche se sembrano addomesticate perche' vengono a prendere il cibo dall'uomo, non lo sono per niente e restano selvagge e pericolose come se le avessi incontrare nella savana!Buono a sapersi (DOPO!)!!