giovedì 30 luglio 2009

Muoversi ad Addis- part 2

Dicevamo dei taxi dei poveri, i minibus. Se invece sei un faranji coi soldi, o se semplicemente hai troppa fretta o devi andare in un posto non servito dai baracchini, ci sono sempre i lada, i taxi a contratto. Taxi e basta diremmo noi. Quelli che li chiami, dici dove devi andare, salti su, ti ci portano e paghi la tariffa del tassametro. Ovviamente NON e' cosi:) Qui non sei tu a cercare il taxi, son loro che trovano te. (Tranne nei casi di diluvio universale quando sei a mezz'ora da casa. In quel caso stai pur sicura che non ci sara' un taxi nel raggio di dieci km-ogni riferimento ad esperienze dirette non e' puramente casuale).Semplicemente ad ogni passo troverai qualche tassista fermo che tra un riposino e l'altro adocchia il faranji e gli urla qualcosa per attirare la sua attenzione. E' l'ultima legge di Murphy: in genere la quantita' di taxi che ti fermano e' inversamente proporzionale al bisogno che tu ne hai in quel momento. Comunque prendere un lada ad Addis vale anche solo per l'interno della macchina. Normalmente son auto scassate con circa 25 anni di vita media, con lucine posteriore multicolori, luci varie sul cruscotto, cofano che si apre ad ogni buca dell'asfalto, sportelli e finestrini posteriori senza maniglia che si aprono solo da fuori,adesivi vari preferibilmente del manchester united sul vetro insieme a "I love u mum" e una collezione di santini da far invidia a Padre Pio. Senza dimenticare il clacson che sembra l'astronave sui videogiochi per bambini.
Ma la parte piu' divertente (anche se puo' essere frustrante, soprattutto quando hai particolarmente fretta, che poi e' il primo motivo per cui sei salito su un lada) e' quando devi contrattare. MAI far partire il taxi senza aver prima concordato la tariffa. Chiedere sempre quanto e', dimezzare quello che ti dice e otterrete la tariffa equa per quella tratta.
A volte capita pero' che i tassisti (in alcune aree se ne trovano dieci tutti insieme) facciano cartello contro lo straniero, e quindi in quel caso la strategia dell'inventare un prezzo tipo" L'altro mi ci porta per 50, tu quanto mi fai?" per spuntare poi meno non vale. Vedi l'altro giorno quando mi son sentita rispondere: "ah ok, vai con lui allora!"
Tassista - faranji 1-0 !

Muoversi ad Addis Abeba -part 1

Addis Abeba e', come tante capitali del terzo mondo, caotica e disordinata. Piu' di altre, e' anche tremendamente inquinata e trafficata. Spostarsi in giro per la citta' non e' sempre facile, ma puo' essere divertente, se si impara a prenderla con lo spirito giusto e a non temere i ritardi.
Il mezzo piu' ovvio, non disponendo della macchina, sono i taxi. Ad Addis ci sono due tipi di taxi: quelli privati e quelli collettivi. In realta' quelli che loro chiamano taxi collettivi non sono altro che dei minibus bianchi e blu che a tutte le ore del giorno scorrazzano a decine per le vie della citta'. Sono il mezzo del faranji squattrinato, ovvero il mio mezzo:) In teoria ci sono disseminate qua e la' delle fermate ben precise, ma non aspettatevi delle indicazioni particolari: ogni volta che che vedrete delle persone ferme sul marciapiede, possibilmente vicino ad un lampione, i casi sono due: o sono battone, o quella e' uan fermata. E la seconda e' molto piu' facile della prima, avendo io visto in quasi tre mesi solo due prostitute. A quel punto voi che fate? vi mettete in fila e pensate che appena arrivera' il baracchino potrete salire. Poveri illusi!Prendere il bus e' una vera e propria lotta senza esclusione di colpi ( o meglio gomitate) all'insegna del mors tua vita mea, soprattutto se piove. La domanda e' infatti molto piu' alta della seppur numerosa offerta e gli etiopi paiono ignorare il concetto di fila. Appena si intravede un baracchino parte l'assalto, con gli astanti che corrono su e giu' per cercare di indovinare dove si fermera' e guadagnarsi un posto in prima fila. Ma qui e' la parte divertente: chi piu' sgomita, in genere, ha la meglio e sale. In genere se sei da solo, riesci a salire su quasi tutti i mezzi, il guaio e' se viaggi in tre o quattro,li' e' veramente arduo che il bigliettaio ti faccia salire. Anche perche' gia' sono di solito superaffollati e capita di sedersi sopra altre persone, con il gomito di uno nell'occhio e l'ascella di un altro proprio ad altezza naso. Ma anche qui sta il bello. Adesso parliamo del bigliettaio. In realta' trattasi un tizio che mentre il baracchino si avvicina alla fermata inizia ad urlare con tono cantilenante (tipo Mexico-stadium-Mexico, stadium-Mexico-Mexico) le destinazioni. Sembra facile, ma non sempre lo e'. A volte gia' prendere il minibus giusto e' degno di un premio. Il tizio in questione raccoglie anche i soldi e a seconda del tragitto che devi fare (e non credete sia semplice fargli capire a quale fermata vuoi scendere) ti fa pagare un corrispettivo che va da 0.80 a 1,55-2 birr.(1Euro= 18 birr) Dicevamo: i taxi dei poveri.

martedì 28 luglio 2009

Gli inconvenienti del mestiere

Viaggiare soli, croce e delizia. Per quanto io abbia sempre fatto di necessita' virtu', spinta al vagabondaggio solitario dall'assenza della giusta compagnia, ho imparato ben presto ad apprezzare questo modo di viaggiare. Amo viaggiare perche' mi fa sentire libera e cosa ti da' maggior liberta' della sensazione di poter andare dove vuoi, quando vuoi? Come lessi una volta" non devi preoccuparti che gli altri si divertano e la tua decisione e' sempre la migliore!"
Detto cio' (ma magari ci ritorno), ci sono anche dei lati negativi. E non parlo del fatto che non dividendo nulla i costi aumentano. Quando sei in giro da sola, soprattutto se sei una ragazza, puo' capitare (e in Africa mi e' successo molto piu' spesso che altrove) di diventare l'attrazione prediletta della comunita' maschile locale, soprattutto under 50 (ma non solo!). Non c'e' niente da fare, cammina una mezz'ora e vedrai che qualcuno ti si appiccica. Poi ci son quelli che dopo dieci minuti se ne vanno, quelli che ti offrono da bere, quelli che ti seguono per tre ore e quelli che ti chiedono di sposarti (Sic!) . A Bahir dar ne ho incontrato uno particolarmente tenace. Non me ne voglia, poverino, mi ha fatto anche tanta tenerezza, pero' alla fine non se ne poteva piu'. Non riuscivo a spiccicarmelo in alcun modo. Mi ha fermato per strada, come sempre, ed alla mia espressione preocupata quando mi ha affiancato mi fa:
-"Don't you worry, i just want to talk with you!"
- "That's WHY I AM worry!"
(niente, non ha funzionato). Dopo avermi seguito in albergo, essersi seduto al mio tavolo per pranzo e avermi impedito di mangiare in pace fissandomi per tutto il tempo, non pago di tanta molestia, voleva anche seguirmi nell'escursione alle cascate del Nilo. Grazie a Dio, il tizio che guidava la macchina gliel'ha impedito ed io mi son fatta la mia passeggiata in pace. Al ritorno, ovviamente, come dubitare! lui era li' appostato davanti all'ostello, nonostante gli avessi dato un orario di appuntamento sballato (tanta cattiveria e' stata punita, non temete: le 600 foto fatte nel week end si sono inspiegabilmente volatilizzate dalla mia macchina fotografica!). Al che mi inizia a fare tutto un panegirico sul fatto che per la prima volta in vita sua credeva al colpo di fulmine, che mai avrebbe pensato di volersi fidanzare con una donna bianca, ma che sicuramente (?!) eravamo fatti l'uno per l'altra, il tutto gesticolando, mentre io guardavo ipnotizzata-ma anche alquanto schifata- la sua mano sinistra con le unghie di mignolo ed anulare lunga ognuna almeno 4 cm!E li stavo per dirgli: guarda, sposarti no, pero' se ti raccomando a Barbara d'urso come l'uomo con le unghie piu' lunghe del mondo secondo me svolti alla grande!
Quando ho tentato di millantare l'esistenza di un fantomatico fidanzato che mi aspettava a casa, lui prontamente mi fa:
"beh, ma anche io sono fidanzato, che problema c'e'?li lasciamo!Sicuramente capiranno!!"
Ok, ci rinuncio. Partita persa in partenza!La sera, poco prima di andare in areoporto, ovviamente era li', a darmi "l'ultimo saluto" (sic!), a perorare la sua causa e tentare maldestri approcci fisici prontamente respinti ("sorry, I'm not ready for that!"
Ovviamente l'amico mi ha anche costretto a dargli il numero di telefono, per fortuna non ha mai soldi, per cui dopo una settimana di squilli ininterrotti a cui non seguiva alcuna chiamata da parte mia, ha desistito.
Adieu, mon cherie!

venerdì 17 luglio 2009

abbastanza

Un'altra settimana e' passata, o meglio, e' volata via, come se niente fosse. Ormai i giorni mi passano davanti agli occhi e non me ne accorgo neanche. E mi trovo a chiedermi se sto facendo abbastanza, se sto prendendo il massimo da quest'esperienza che non tornera'. Si avvicina il ritorno e lo sento come una spada di damocle sulla testa. Il biglietto, con su scritto 12 agosto e' li' inesorabile, per quanto io cerchi di non guardarlo. In realta' il punto di svolta e' stato un paio di settimane fa, quando ho superato la meta'...da li' in poi senti che stai per tornare, un po' come quando passi i 40 e capisci che sei a meta' della vita. Niente e' piu' come prima. Quel che e' fatto e' piu' di quel che ti resta da fare e alla domanda " me lo sto godendo abbastanza" la risposta e' sempre no, perche' semplicemente non e' mai abbastanza. E, soprattutto, mi chiedo cosa voglio dopo. E' buffo: normalmente chi fa questo stage e' neolaureato, senza un lavoro e tornato a casa deve decidere sul dopo. Io il dopo ce l'ho gia' scritto: ho una laurea da finire e un lavoro, che comunque mi piace. Ma non riesco a smettere di torturarmi sul senso che voglio dare alla mia vita, se tutto quello che ho, la citta' in cui vivo, e' abbastanza per me. E la risposta, ancora una volta, e' no. Ma, e questo e' fondamentale, mi chiedo se non sara'MAI abbastanza, qualunque lavoro in qualunque citta' del mondo. L'unica cosa che so e che un minimo mi tranquillizza e' che it's not time to make a change, non ancora almeno.

giovedì 16 luglio 2009

Bahir Dar, il Lago Tana e le cascate del Nilo Azzurro

Altro week end out of town, un po' mordi e fuggi. Il che significa sveglia ore antelucane per prendere l'aereo, full immersion di due giorni e riprendi l'aereo meno di 36 ore dopo. Questa volta poi sono stata anche fortunata perche' da Bahir dar per tornare ad Addis i voli non sono solo mattutini, ma ce ne e' uno alle 22.00 che mi ha consentito di sfruttare anche la domenica. Sabato mattina sono andata prima al mercato (niente di che, quello di Addis e' decisamente un'altra cosa) e poi a fare un giretto per questa localita' che fa un po' paesino di mare. I lunghi viali di palme, le biciclette, le rive del lago, i locali che servono succhi freschi sulla strada, se non fosse per i bambini che al solito ti rincorrono per chiederti qualcosa, la gente che dorme per terra e cammina scalza anche in mezzo al fango coperta di stracci, quasi quasi non sembrerebbe di stare in Etiopia. Il pomeriggio sono stata sul lago insieme ad un ragazzo americano, giro in barca e visita a qualche monastero. Piccola nota: la misoginia dei monaci locali mi ha impedito di visitarne alcuni, dove fuori campeggiava un bel cartello con su scritto "ladys are not allowed". E lasciate perdere l'errore di ortografia. E' che le donne, dicono, li distraggono dal pregare. Tale fobia e' talmente acuta che qualcunque esponente del genere femminile viene ricacciato indietro, comprese capre e galline. Che, a dirla tutta, non ho visto particolarmente desiderose di varcare le sacre soglie. Soprattutto le capre, poverine, direi, visto che gli antichi manoscritti conservati- alcuni vecchi di oltre 900 anni- sono fatti interamente di pelle di capra. Quante capre ci abbiamo rimesso la pelle per la grafomania dei saggi, non e' dato sapere. Il giro in barca si e' concluso alla sorgente del Nilo Azzurro, dove il fiume, emissario, lascia il Tana per andare a raggiungere il Nilo Bianco in Sudan. A salutarlo pellicani (centinaia) e qualche ippopotamo.
Domenica mattina sono andata a vedere il palazzo di haile' selassie, dopo che un furbissimo guidatore di baracchino mi aveva portato alla scuola di Haile' Gebreselassie, noto podista etiopico, tra l'altro ancora piuttosto in salute direi, ma gia' con una scuola intitolata. Il Palazzo non e' niente di che, sulla LP si accennava ad una fontana a cascata, ma data la scarsita' di acqua, hanno ragionevolmente deciso di chiuderla. In compenso dalla collinetta di gode di una bella vista sul Nilo. Il pomeriggio, complice l'inaspettato sole, sono andata alle famose cascate del Nilo Azzurro, su cui peraltro non avevo alcuna aspettativa, causa la diga che da qualche anno pare le abbia prosciugate. La passeggiata per arrivarci e' molto bella, e vale da sola i 45 minuti di strada sterrata-uccidi fondoschiena che ti devi sorbire per arrivarci. l'attraverso del fiume in canoa con un vecchio che canta e suona lamentoso uno strumento, suonando le mani come delle nacchere e' una chicca imperdibile. Arrivata a questo punto, le avessi trovate asciutte mi sarei comunque sentita soddisfata

martedì 14 luglio 2009

piccolo dizionario di amahrico

Per cavartela alla grande in Etiopia, dopo oltre due mesi, posso dire che in teoria dovresti conoscere la lingua locale. L'inglese, che in un primo momento mi sembra molto diffuso dopo il contatto con due studenti locali, si e' rivelato poco utile, soprattutto per la vita ed i problemi di tutti i giorni. Senza offesa alcuna, ma la verita' e' che, a parte gli studenti o chi lavora a contatto con stranieri e gli impiegati nel turismo, se ti rivolgi in inglese molto probabilmente non capiranno nulla. E per non offenderti accenneranno un "Ok" accompagnato da un movimento della testa. La cosa si rivela problematica (per quanto spesso divertente) negli spostamenti, se devi chiedere ad un tassista di portarti su un posto o delle semplici indicazioni ad un passante. Ma su questo ritornero' poi. Ora voglio fornire qui una breve guida per faranji all'amahrico, il minimo indipensabile da sapere per muoversi in Etiopia, oltre ad un uso sconsiderato della mimica. Ovviamente le scrivo come si pronunciano, o meglio come nella maggior parte dei casi le ho sentite pronunciare, visto che spesso la dizione cambia da persona a persona. Le parole chiave sono:

- amasseghenello : grazie. Semplice e cortese. Per un primo approccio ad un popolo meglio usare la gentilezza. Non e' utilissimo a fini pratici, visto che fino a "thank you" ci arrivano tutti, pero' gi' il fatto che tenti di biascicare qualcosa nella loro lingua li bendispone. Non costa niente, si impara subito e quantomeno ricevi in cambio un sorriso. Grado di utilita': 2.
- uorajalle: uscita, fermata, discesa. Serve per scendere dai taxi collettivi, i pullmini bianchi e blu eletti a mezzi di spostamento prediletti dai locali e dai faranji squattrinati che non possono permettersi sempre il taxi 'a chiamata'. e' la parola magica. Prova a dire" Sorry, I want to get out" o "Please stop here" e vedrai la faccia del 'bigliettaio' virare dal perplesso al ghigno malefico, ma di' anche solo timidamente "uorajalle" e subito, perspicace tri spalanchera' la porta del bus. L'unico rischio a quel punto e' di essere respinto dentro dall'orda che lo prende di assalto per salire, ma questa e' un'altra storia. Grado di utilita': 9. O se hai i soldi e prendi i taxi normali.
- dengheras: letteralmente " testa di mattonella". Polisenso, la resa in italiano, variabile da 'stronzo' a 'testa di cazzo' passando per tutti gli epiteti ingiuriosi che vi vengono in testa. Va bene un po' per tutto, dall'autista di bus che ti investe nonostante tu stia camminando sul marciapiede, al portatore di materassi (si c'e' anche quello che porta 4 materassi sulla testa) che te li rovescia addosso, dal vecchio che ti sputa sui piedi, al pedone che attraversa senza guardare. Specialmente usato dagli automobilisti, per apostrofare pedoni distratti, faranji e non, e altri automobilisti col pallino dell'autoscontro. Impara ad usare "dengheras" all'occorrenza e ti senti proprio uno di loro. Unico inconveniente: magari ti menano. Grado di utilita': 10.

mercoledì 8 luglio 2009

Riding horse on Wenchi lake

Tra le tante cose che avrei pensato di poter fare nel mio viaggio africano, forse questa era l'ultima, o stava appena piu' su di " masticare chat ed ubriacarsi col tej- un vino locale fatto col miele, nda-, ma sono andata a cavallo. Non che la cosa sia cosi' eccentrica, in realta', ne' c'era bisogno di fare 6000 km per provare quest'esperienza, c'e' un maneggio vicino a Perugia che con 30 euro e un'oretta di tempo soddisfa qualunque curiosita'. E' che non mi era mai passato per la testa, piu' banalmente. E invece, trovandomi a ridiscendere le pendici del monte Wenchi per raggiungere il lago vulcanico omonimo, ci hanno proposto-imposto i cavalli. Proposto nel senso che alla fine potevo anche rifiutare, ma
1- l'esperienza mi attirava in se'
2- la "passeggiata", soprattutto a risalire, non era delle piu' semplici e a farla a piedi avremmo impiegato tre ore, nonche' metri cubi di ossigeno supplementare- a 3000 metri, si sa, non e' proprio come passeggiare in riva al mare.
Per cui, benedetti cavalli, e, nonostante gli acciacchi del giorno dopo, l'esperienza e' stata veramente divertente. Aggiungi che sono riuscita a non farmi disarcionare ne' a cadere dall'altra parte nel tentativo di salure, per cui posso ritenermi piu' che soddisfatta.
Il lago e la montagna sono magnifici, meno entusiasmante il monastero (chiuso, pero' mica ce l'hanno detto prima che pagassimo la traversata!) dove all'interno avremmo dovuto trovare la campana di fasiladas...Nota di merito ai gipeti che volteggiavano sopra di noi (e la scena si fa aulica...) e nota di demerito al tempo, da 'stagione delle piogge" doc, a cui peraltro incomincio a fare l'abitudine. Il mio umore e' ormai novembrino ogni mattina e se per rara congiunzione astrale positiva quando mi alzo non diluvia invoco il miracolo divino.