mercoledì 30 dicembre 2009

Kyoto

Se Tokyo e` il tempio del lusso, dello shopping e della modernita`, Kyoto sembra un altro mondo, un altro Paese Premetto che purtroppo non ho fatto in tempo a vedere tutto quello che c`era da vedere, e se tornero` in Giappone, sicuramente mi rifermero` qui. Ma andiamo con ordine: grazie al Nozumi superexpress ( il re degli shinkansen, ancora piu` veloce dei treni proiettili ad alta velocita`, se fosse possibile) in 2 ore e 20 si copre la distanza di 500 Km che separa Tokyo e kyoto. Da li`, grazie anche al tempo splendido (sembrava primavera, cielo limpidissimo) comincio la maratona, non senza essermi fatta fregare dalla solerte impiegata del bus terminal che mi ha proposto (per la verita` e` anche colpa mia che non mi sono informata bene prima) un pratico pass giornaliero per il bus e la metro per 1200 Yen. Peccato che la metro non l`ho mai presa e il pass per il bus soltanto costava 500 Yen!).
Prima di tutto, bisognava trovare l`ostello. Avevo una mappa e due diverse indicazioni, ce la potevo fare. E cosi` e` stato, nonostante i primi tentaivi di sabotaggio dell`azienda di trasporti giapponese che nel primo autobus che ho preso si e` dimenticata di attivare i cartelli bilingue delle fermate, per cui ad ognuna ho chiesto all`autista se era quella giusta per me. Alla fine anche lui stava per perdere la pazienza. Ostello molto carino, e` chiaramente la casa dei proprietari (padre e figlia) che hanno riadattato ad ostello, e quindi la cosa piu` bella e` che vedi proprio come e` fatta una casa del posto, dove accanto al tatami e ai tavolini bassi c`e` ovviamente un megaschermo ultrapiatto. proprietari gentilissimi, la ragazza mi ha pure accompagnato in taxi in centro e non ha nemmeno voluto che smezzassi la corsa. Decisamente consigliato.
Passiamo alla parte piu` interessante di kyoto: i suoi templi. Sono tanti, tutti molto belli, chi piu` chi meno, e bisognerebbe prima vedere delle foto da casa per sapere quali andare a vedere e quali lasciare se non si ha molto tempo. E infatti una breve ricerca mi ha permesso di saltare l`itinerario suggerito dalla fedele lonely e andare dritta verso quelli che volevo vedere per primi: padiglione d`oro, padiglione d`argento, Toji (con la pagoda piu` alta del Giappone), per poi lasciarmi ad oggi il fushimi Inari (meraviglioso e anche questo non isnerito nell`itinerario principale della LP) e un altro paio indicati dalla guida come i must see, tra cui il kiyumizo dera.Che dire, parleranno le foto, perche` sono veramente luoghi meravigliosi, io sono rimasta incantata, specialmente al padiglione d`oro e al fushimi inari e non so come descriverli.
Qualche parola la trovero` domani per parlare di Nara pero`.

lunedì 28 dicembre 2009

Giappone, prime impressioni

Scrivo da Tokyo, che fino a tre mesi fa, chi avrebbe mai pensato di andarci?E invece eccomi qui.
Un po` frastornata per il fuso e la notte in bianco, ma era messo in conto. Prima di partire avevo letto un sacco di cose sul Giappone e sulla sua capitale, ma e` proprio vero quando dicono che non sei mai preparato ad un posto fino a che non ci metti piede.
Comunque, a primo impatto, posso dire che:
- la metro di tokyo non e` cosi` difficile da usare come viene detto, anzi. Sulle stazioni ci sono sempre i nom anche in caratteri occidentali, l`unico problema e` fare il biglietto ma per quello basta prendere un pass e risolvi tutto.
-i giapponesi non capiscono un cazzo di inglese. Ma proprio niente, eh. E io che mi lamentavo degli Etiopi. Al confronto erano studenti di oxford, porca miseria. Con la differenza che qui, siccome dire `non lo so, non capisco un cazzo` sembra scortese, quando provi a domandare qualcosa, prima sorridono convinti, poi pensano un po`, poi ti blaterano qualcosa in giapponese, gesticolando che manco l`italiano medio in fila al semaforo quando scatta il verde e quello davanti non si sbriga. Al che tu, gentilmente, provi a spiegare che non hai capito una mazza dello squittio appenba emesso, con il risultato che il malcapitato ti fissa con aria di compatimento, alza le spalle della serie `piu` di cosi` amica mia non riesco` e ti saluta. Arigato!!
E` anche vero che i piu` sono pero` molto gentili e tentano in ogni modo di essere d`aiuto. Ieri una solerte signorina del MC Donald a cui ho chiesto informazioni per un internet point, non sapendolo di suo(ovvio!) ha prima domandato a tutti gli addetti in cucina, rompendo la delicata catena di montaggio di preparazione panini e poi e` scesa in strada con me e ha scomodato ben 4 passanti prima di accompagnarmi a destinazione!Quando si dice l`efficienza!peccato che nella stragrande maggioranza dei csi, la faccenda va invece come descritto sopra.

martedì 22 dicembre 2009

Giappone, here I go!

Ed eccomi qui, mancano 4 giorni alla partenza per il Giappone. Di nuovo Asia, ne avevo proprio bisogno, dopo 2 anni e mezzo. Anche se il Giappone forse è un mondo a sè ed è molto lontano dall'Asia che ho conosciuto. Un pezzo di Occidente in estremo Oriente, come si dice di solito. Niente a che vedere con il Vietnam o la Cambogia, anche se mi immagino, niente a che vedere con l'Europa e l'occidente. Forse i prezzi, ed il consumismo sfrenato di Tokyo, con i suoi centri commerciali, le catene di fast food (a proposito, ho scoperto che hanno starbucks!In Giappone!) e tutto il resto. Staremo a vedere che effetto mi farà. Quello che conta è che parto e che, almeno per un pò, me ne starò libera, dall'altra parte del mondo. E scopro di nuovo che sapore ha la felicità.

mercoledì 9 dicembre 2009

Madrid

Ed è arrivata un'altra partenza, un week end a Madrid, a dare un sapore nuovo a queste settimane. Dopo 3 mesi, dopo tutto quello che è successodopo la laurea, ci voleva proprio. Ancora una volta è la conferma che io, non so per quale maledizione, sto bene solo quando sono in viaggio, sono felice solo lontana da casa. Anche quando il viaggio, come in questo caso, dura il tempo di un week end. Io, che ho sempre amato i viaggi lunghi, io che "se non stai via almeno 3 settimane, che viaggio è?" Mi ritrovo a ritagliarmi attimi di vita in mezzo alla banalità del quotidiano. Per il momento, va bene così, anche perchè già si avvicina la prossima partenza e c'è quest'euforia nell'aria che, per fortuna, ancora non passa.
Considerazioni esistenziale a parte, Madrid è fantastica. Bella, vivace, piena di giovani, di vita. Ma allo stesso tempo vivibilissima, per niente caotica. E' entrata direttamente nella top 5 delle città in cui vivere e certamente dove tornare al più presto. Ora aspettiamo Barcellona, ma se tanto mi dà tanto, non credo che la Spagna mi deluderà.

mercoledì 25 novembre 2009

Il cerchio della vita

E’ arrivata Tea. Due mesi e mezzo dopo, in casa mia c’è di nuovo un cane che zampetta in giro. Io ero contraria, non volevo un altro cane, né ora né mai, forse perché a questa parola avevo sempre dato un solo nome, e non credevo di poter sopportare l’idea che ci fosse un “altro cane”. Alla fine siamo andati a prenderla ed al ritorno, mentre la tenevo in braccio, nella coperta, come allora, mi ricordavo di quel 25 luglio di 15 anni fa, e ho pianto, per la prima volta di commozione e disperazione. E’ meravigliosa. Ora casa non è più vuota quando torno a casa la sera, ed occuparmi di lei, o anche solo averla tra i piedi, è comunque positivo, perché qualcosa che genera amore non può essere una brutta cosa. Ma ogni volta che la vedo rotolarsi per terra, mordicchiare le scarpe, tentare i primi tentativi di abbaio, dormire serena nella cuccia, ogni volta che gioco con lei, la strapazzo di baci e la prendo in braccio, mi ricordo di lui, e di nuovo piango di commozione e disperazione. Perché lei è la prova vivente che lui non tornerà più.
E’ la nuova vita che si affaccia nel mondo e so che è giusto, anche se non mi consola affatto. E, anche se credevo non fosse possibile, la vita continua. La qualità, certo, non sarà più la stessa, ma spero che l'arrivo di Tea farà ricominciare anche la mia di vita, che da due mesi era come sospesa, fuori dal tempo. Anche qui, sul blog, tutto è fermo da allora. Domani si parte di nuovo, la prima volta dopo quel giorno, la prima volta non ci sarà lui a ad aspettarmi a casa, ma qualcun altro. La vita riprende, anche se ho ancora paura di come sarà, questa nuova vita.

sabato 7 novembre 2009

Je me souviens des jours anciens, et je pleure.

Adesso che finalmente mi laureo, adesso che avrò più tempo per fermarmi a pensare, adesso, comincia la parte dura. E' il tempo che scorre veloce e poi non passa mai, se pensi all'infinito dei giorni che mi restano. Mi manca, mi manco tanto. Sembra impossibile, ma mi manca ogni giorno di più. Come si sopravvive ad una cosa del genere? Quando non hai più niente con cui tenere la mente occupata, il dolore è lì, pronto a tornare a galla. Puoi cercare di buttarlo giù e far finta che non ci sia, ma ecco, che, inaspettatamente, come un biglietto tra le pagine di un libro che non aprivi da tempo, riappare. Non l'ho superato, non lo supererò mai. Dicono che è troppo presto. La verità è che è troppo tardi.


Remember me when I am gone away,
gone far away in the silent land.

domenica 18 ottobre 2009

La notte più lunga, il giorno più lungo

Dicono che il tempo sia galantuomo, non fa sconti, nè tranelli, scorre sempre uguale per tutti. Eppure. Eppure ci sono giorni in cui il tempo sembra non passare mai ed altri in cui venderesti l'anima al diavolo perchè si fermasse. Ma prima che te ne accorga, è già passato. Sembra ieri, perchè il tempo, per me, si è fermato. Ed invece passeranno altri giorni ed altre notte, e altro tempo si aggiungerà al tempo. Niente sconti, niente inganni. Dicono che la vita continua e che, piano piano, tutto torna al suo posto. Dicono che è il ciclo naturale della vita e che presto sarò ancora felice. Io so solo che il mondo va avanti, ma io sono sospesa a quel giorno. Fuori dal tempo. Quella notte e quel giorno che mi sembra siano durati secoli, ma che sono in realtà scivolati via così in fretta. Prima piangevo per qualcosa che sapevo sarebbe accaduto. Oggi rivorrei indietro quell' inconsapevolezza e quella sensazione di non dovermi troppo preoccupare, perchè non è qui, non è adesso. Adesso, è già ieri. Eppure è anche qui, ora, e sarà con me anche domani e tutti i giorni che verranno.

La fine del mondo

Avrei voluto scrivere ancora dell' Africa, del viaggio al Sud, che ho lasciato a metà, della partenza e del ritorno a casa, e di Istanbul, ma poi è finito tutto. Da allora il tempo si è fermato e io ho cercato di non fermarmi mai, per non pensare, e di ricacciare indietro i pensieri che, comunque, continuavano a venir fuori. E' la fine del mondo, del mio mondo.
Perchè proprio ora? Non lo so neanche io, ma so che ne sentivo il bisogno. Pare che piangere sia catartico e aiuti un po' a lenire il dolore. Pare che il tempo, bontà sua, faccia il suo lavoro e sia il milgiore anestetico i circolazione. Forse è troppo presto, anche se ormai a me sembra solo troppo tardi.

martedì 11 agosto 2009

Verso Sud- parte 2

Visitare i villaggi nei pressi della bassa valle dell'Omo (anche se purtroppo non abbiamo potuto spingerci tanto oltre) e' come entrare in un mondo parallelo, fermatosi a due secoli fa. Avete presente Narnia?ecco, anziche' passare per l'armadio, non siamo arrivati su di un Nissan patrol, ma il risultato e' stato questo. L'esperienza piu' bella l'abbiamo fatta venerdi', quando siamo andati al villaggio Dorze. I Dorze sono una tribu' di circa 7800 individui, che vivono in delle capanne speciali, fatte con bambu e foglie di falso banano (enset) intrecciate, alte fino a 12 metri. Nonostante l'apparenza, sono straordinariamente resistenti all'azione del tempo e degli agenti atmosferici, piegandosi solo all'implacabile voracita' delle termiti, che ne divorano 20 cm all'anno. Dall'enset i Dorze ricavano anche il loro alimento principale, una specie di pane (disgustoso, l'injera al confronto e' una squisitezza per intenditori, N.d.A.) fatto dalla parte della foglia, che viene sminuzzata, impastata con acqua e poi messa sotto a dei sassi a fermentare per sei mesi. Ecco la ragione di cotanto orrore alimentare, pero', come si dice, questo passa il convento. L'inventiva di questi popoli, la capacita' con cui dal nulla hanno saputo ricavare case, vestiti, alimenti, e' davvero sorprendente.
Una nota a parte merita la loro abilita' nel tessere i tessuti: gli uomini hanno la prerogativa, ed il telaio, con cui marco si e' cimentato in un tentativo ammirevole di emulare i locali, e' un piccolo prodigio della tecnica. Tra l'altro, a causa di un a specie di cerchietto con peli di capra, io ho scambiato il ragazzo che tesseva per una donna e l'ho apostrofato come tale, povero! L'esperienza piu' bella e' stata la sera, pero', quando ci siamo fermati a dormire li' nelle loro capanne e abbiamo potuto assistere ai loro balli e canti tribali. Se ci ripenso mi vengono ancora i brividi (si ok, quelli forse erano per il freddo, nonostante il gabi che ci hanno dato a 3000 e passa metri era una freddo allucinante, per fortuna che ci hanno coinvolto nelle danze!).

Verso sud- parte 1

I giorni appena trascorsi sono stati splendidi. Uscire dalla citta' e dallo smog per attraversare natura incontaminata e' stato rigenerante. Scendendo verso sud, i paesaggi che si incontrano sono a volte di una bellezza mozzafiato, passando dai boschi di acacie ai campi arsi dal sole, dalle montagne alla foresta equatoriale. Arba Minch in se' non e' una bellezza, sembra quasi una cittadina da far west americano, di sera, gia' alle otto e' tutto buio, molti locali sembrano abbandonati da tempo e poche persone passeggiano in strada. Quello che la natura offre li' intorno, pero' e' stupefacente. Il Nechisar, al di la' degli animali incontrati, per lo piu' zebre, scimmie e gazzelle, e' un susseguirsi di paesaggi magnifici. Unica nota dolente, il nostro fondoschiena: la strada e' forse la peggiore che abbia mai fatto, definirla sterrata e' un pallido eufemismo, ed ancora mi chiedo come ne siam venuti giu' sani e salvi. A completare la giornata, c'e' la stata la gita in barca sul lago chamo, letteralmente pieno dui coccodrilli enormi ed ippopotami, nonche' di pellicani, marabu' ed altri uccelli, che, non so come mai, si intrattenevano fianco a fianco dei coccodrilli senza esserne minimamente spaventati. Forse e' perche dicono che i coccodrilli prediligano pesci, bestiame e, se capita, umani nella loro dieta. I volatili, evidentemente, non sono di loro gradimento e dormono sogni tranquilli.
In tutto cio' il barcaiolo ad un certo punto si e' stancato di guidare, ha passato il timone a Marco e si e' messo a masticare il chat! :)
La LP raccomanda di non sporgere per nessun motivo braccia e gambe dalla barca, e visto il numero di coccodrilli che mi sono passati a due metri neanche, beh non c'e' bisogno di capire la ragione. Quel che e' strano e' che ci sono un sacco di pescatori che con dei trabiccoli di legno assolutamente instabili e precari, su cui io non andrei nemmeno nella piscina comunale, solcano il lago in lungo e in largo, apparentemente noncuranti del pericolo. E i coccodrilli, ogni tanto, ringraziano.

L'ora si avvicina, spero di fare in tempo a scrivere il resto da qui.

mercoledì 5 agosto 2009

time is running out

Ci pensavo ieri sera, a questa canzone dei Muse. E' tutto li'. Il tempo sta finendo, ormai sono agli sgoccioli e mi sembra ieri che atterravo ad Addis in mezzo ad un caldo soffocante e al traffico cittadino. Tre mesi che quando sono a casa sembrano non passare mai e che anche prima di partire ti chiedi quanto potranno passare veloci. Sono letteralmente volati. Il mio tempo sta finendo ed io vorrei che questa settimana fosse lunga un anno. Vorrei tornare a casa per due giorni, salutare tutti e ripartire di nuovo. Vorrei non dover contare i giorni, le settimane ed i mesi come se me ne rimanessero pochi davanti. Vorrei poter pensare che il ritorno non e' la fine, ma solo una sosta prima del prossimo viaggio. Vorrei poter essere ancora li', cartina alla mano, a pianificare (ma neanche troppo, solo per il gusto di sognare) il mio giro del mondo. E invece, mai come stavolta, mi sento disperata all'idea di tornare a casa. E' anche vero che dopo tre mesi in Etiopia sento l'esigenza di spingermi oltre, si sa che I have itchy feet. Dopo un po' la terra mi scotta sotto i piedi, sento che me ne devo andare, scoprire posti nuovi, nuove emozioni. Ecco vorrei potern andare altrove, piuttosto che tornare a casa. Soprattutto perche' adesso tornare a casa significa la fine di tutto, almeno per un bel po'. O meglio la fine del sogno, che e' un po' la stessa cosa. Mi piace pensare comunque, perche' se c'e' una cosa che ho imparato qui e' essere ottimista, che prima o poi trovero' modo di realizzare anche questo sogno.

martedì 4 agosto 2009

Harar, le iene ed i masticatori di chat

Lo scorso week end siamo andate ad Harar. Avevo bisogno di sole, dopo un mese e mezzo di piogge ininterrotte. Il tutto e' stato un po' (tanto) improvvisato, visto che fino a givoedi' pomeriggio dovevamo andare tutti insieme ad Arba Minch, al sud, poi causa influenza improvvisa di Elisa (povera!) mi son trovata a riorganizzare il penultimo week end in un'ora. Detto fatto. Scese a Dire Dawa, siamo andate a vedere il mercato dei cammelli, dove un simpatico ma bavoso quadrupede ha scambiato i miei capelli per la bieta mattutina e stava per farci colazione (che sia indicativo del fatto che devo andare dal parrucchiere?chissa'!?!) e a kafira, il mercato principale, dove ci siamo immerse in un dedalo di bancarelle, che vedevano soprattutto verdura e spezie. Penso che qualunque spezia mi fosse mai balenato per la testa di acquistare, avrei potuto trovarla. E forse anche quelle che non credevo minimamente esistessero.
Poi ci siam spostate verso Harar. La LP la descrive come "un mondo a parte', qualcosa di completamente diverso dal resto dell'Etiopia e mi sento di confermare tutto. Ah Harar si sente tantissimo l'influenza araba e la vicinanza con la Somalia. Il cuore della citta' e' la parte vecchia, racchiusa nelle mura, vecchie di 500 anni. Anche se di solito preferisco evitare, stavolta sembrava indispensabile prendere una guida e cosi' ci siamo affidate a Lishan, che poi si e' rivelato gentilissimo e molto preparato. Lui ci ha permesso di entrare a visitare le case tipiche adare, ci ha spiegato la storia, usi e costumi del popolo e grazie a lui abbiamo anche assistito ad una cerminonia nuziale!O meglio, ai festeggiamenti che la precedevano. Tra l'altro qui i matrimoni sono considerati l'evento principe della vita, sorpattutto della donna, tanto che i festeggiamenti ed i preparativi vanno avanti per tutta la settimana che precede la cerimonia!Harar e' nota anche per il chat. Gia' e' diffuso ad Addis Abeba e nel resto del Paese, ad Harar che ne ' la patria e' proprio un'abitudine universale. Dicesi chat una pianta allucinogena che gli abitanti locali mangiano a piu' o meno tutte le ore del giorno, con cui si stordiscono e , purtroppo, placano l'appetito. Gli effetti sono veramente devastanti, soprattutto considerata l'altissima diffusione: pare che circa il 90% della popolazione di Harar ne sia dipendente. Pure le capre mangiano, tra l'altra erba, il chat. E le vedi barcollare per i vialetti acciottolati come le persone, in uno scenario a dir la verita' piuttosto desolante.
La cosa piu' impressionante di Harar e' stato comunque il pasto delle iene. Alla sera, tutti i giorni, l'uomo delle iene si presenta fuori dalle mura per compiere questo rituale. La cosa nasce 58 anni fa, ai tempi di una tremenda carestia, quando un religioso locale sogno' che nutrire le iene avrebbe posto fine alla fame. Da allora, tutte le sere due uomini si alternano per nutrire le iene, che escono dalla boscaglia in branco e vengono a prendere il cibo (interiora di cammello) dalle mani e soprattutto dalla bocca del temerario signore. (temerario per le interiora di cammello, direi!anche se teoricamente le iene sono animali piuttosto selvaggi e pericolosi, pare infatti che lui si fidi di alcuni animali tanto da porre la sua faccia a cinque cm dalla bocca dell'animale). Nell'immaginario colelttivo (Il Re Leone docet) le iene sono tutt'altro che animali simpatici e magari anche bruttarelli. A me invece son piaciute un sacco: son molto piu' grosse di come me le aspettavo, massicce, ma devo dire veramente affascinanti. E starci seduta a venti cm di distanza e' stata di certo l'esperienza piu' interessante di questo week end, ma direi anche in generale! Meno divertente e' stato quando il giorno Lishan ci ha rivelato che in realta' sedersi per terra non e' poi cosi' sicuro come mi aveva detto il giorno prima e che le iene, anche se sembrano addomesticate perche' vengono a prendere il cibo dall'uomo, non lo sono per niente e restano selvagge e pericolose come se le avessi incontrare nella savana!Buono a sapersi (DOPO!)!!

giovedì 30 luglio 2009

Muoversi ad Addis- part 2

Dicevamo dei taxi dei poveri, i minibus. Se invece sei un faranji coi soldi, o se semplicemente hai troppa fretta o devi andare in un posto non servito dai baracchini, ci sono sempre i lada, i taxi a contratto. Taxi e basta diremmo noi. Quelli che li chiami, dici dove devi andare, salti su, ti ci portano e paghi la tariffa del tassametro. Ovviamente NON e' cosi:) Qui non sei tu a cercare il taxi, son loro che trovano te. (Tranne nei casi di diluvio universale quando sei a mezz'ora da casa. In quel caso stai pur sicura che non ci sara' un taxi nel raggio di dieci km-ogni riferimento ad esperienze dirette non e' puramente casuale).Semplicemente ad ogni passo troverai qualche tassista fermo che tra un riposino e l'altro adocchia il faranji e gli urla qualcosa per attirare la sua attenzione. E' l'ultima legge di Murphy: in genere la quantita' di taxi che ti fermano e' inversamente proporzionale al bisogno che tu ne hai in quel momento. Comunque prendere un lada ad Addis vale anche solo per l'interno della macchina. Normalmente son auto scassate con circa 25 anni di vita media, con lucine posteriore multicolori, luci varie sul cruscotto, cofano che si apre ad ogni buca dell'asfalto, sportelli e finestrini posteriori senza maniglia che si aprono solo da fuori,adesivi vari preferibilmente del manchester united sul vetro insieme a "I love u mum" e una collezione di santini da far invidia a Padre Pio. Senza dimenticare il clacson che sembra l'astronave sui videogiochi per bambini.
Ma la parte piu' divertente (anche se puo' essere frustrante, soprattutto quando hai particolarmente fretta, che poi e' il primo motivo per cui sei salito su un lada) e' quando devi contrattare. MAI far partire il taxi senza aver prima concordato la tariffa. Chiedere sempre quanto e', dimezzare quello che ti dice e otterrete la tariffa equa per quella tratta.
A volte capita pero' che i tassisti (in alcune aree se ne trovano dieci tutti insieme) facciano cartello contro lo straniero, e quindi in quel caso la strategia dell'inventare un prezzo tipo" L'altro mi ci porta per 50, tu quanto mi fai?" per spuntare poi meno non vale. Vedi l'altro giorno quando mi son sentita rispondere: "ah ok, vai con lui allora!"
Tassista - faranji 1-0 !

Muoversi ad Addis Abeba -part 1

Addis Abeba e', come tante capitali del terzo mondo, caotica e disordinata. Piu' di altre, e' anche tremendamente inquinata e trafficata. Spostarsi in giro per la citta' non e' sempre facile, ma puo' essere divertente, se si impara a prenderla con lo spirito giusto e a non temere i ritardi.
Il mezzo piu' ovvio, non disponendo della macchina, sono i taxi. Ad Addis ci sono due tipi di taxi: quelli privati e quelli collettivi. In realta' quelli che loro chiamano taxi collettivi non sono altro che dei minibus bianchi e blu che a tutte le ore del giorno scorrazzano a decine per le vie della citta'. Sono il mezzo del faranji squattrinato, ovvero il mio mezzo:) In teoria ci sono disseminate qua e la' delle fermate ben precise, ma non aspettatevi delle indicazioni particolari: ogni volta che che vedrete delle persone ferme sul marciapiede, possibilmente vicino ad un lampione, i casi sono due: o sono battone, o quella e' uan fermata. E la seconda e' molto piu' facile della prima, avendo io visto in quasi tre mesi solo due prostitute. A quel punto voi che fate? vi mettete in fila e pensate che appena arrivera' il baracchino potrete salire. Poveri illusi!Prendere il bus e' una vera e propria lotta senza esclusione di colpi ( o meglio gomitate) all'insegna del mors tua vita mea, soprattutto se piove. La domanda e' infatti molto piu' alta della seppur numerosa offerta e gli etiopi paiono ignorare il concetto di fila. Appena si intravede un baracchino parte l'assalto, con gli astanti che corrono su e giu' per cercare di indovinare dove si fermera' e guadagnarsi un posto in prima fila. Ma qui e' la parte divertente: chi piu' sgomita, in genere, ha la meglio e sale. In genere se sei da solo, riesci a salire su quasi tutti i mezzi, il guaio e' se viaggi in tre o quattro,li' e' veramente arduo che il bigliettaio ti faccia salire. Anche perche' gia' sono di solito superaffollati e capita di sedersi sopra altre persone, con il gomito di uno nell'occhio e l'ascella di un altro proprio ad altezza naso. Ma anche qui sta il bello. Adesso parliamo del bigliettaio. In realta' trattasi un tizio che mentre il baracchino si avvicina alla fermata inizia ad urlare con tono cantilenante (tipo Mexico-stadium-Mexico, stadium-Mexico-Mexico) le destinazioni. Sembra facile, ma non sempre lo e'. A volte gia' prendere il minibus giusto e' degno di un premio. Il tizio in questione raccoglie anche i soldi e a seconda del tragitto che devi fare (e non credete sia semplice fargli capire a quale fermata vuoi scendere) ti fa pagare un corrispettivo che va da 0.80 a 1,55-2 birr.(1Euro= 18 birr) Dicevamo: i taxi dei poveri.

martedì 28 luglio 2009

Gli inconvenienti del mestiere

Viaggiare soli, croce e delizia. Per quanto io abbia sempre fatto di necessita' virtu', spinta al vagabondaggio solitario dall'assenza della giusta compagnia, ho imparato ben presto ad apprezzare questo modo di viaggiare. Amo viaggiare perche' mi fa sentire libera e cosa ti da' maggior liberta' della sensazione di poter andare dove vuoi, quando vuoi? Come lessi una volta" non devi preoccuparti che gli altri si divertano e la tua decisione e' sempre la migliore!"
Detto cio' (ma magari ci ritorno), ci sono anche dei lati negativi. E non parlo del fatto che non dividendo nulla i costi aumentano. Quando sei in giro da sola, soprattutto se sei una ragazza, puo' capitare (e in Africa mi e' successo molto piu' spesso che altrove) di diventare l'attrazione prediletta della comunita' maschile locale, soprattutto under 50 (ma non solo!). Non c'e' niente da fare, cammina una mezz'ora e vedrai che qualcuno ti si appiccica. Poi ci son quelli che dopo dieci minuti se ne vanno, quelli che ti offrono da bere, quelli che ti seguono per tre ore e quelli che ti chiedono di sposarti (Sic!) . A Bahir dar ne ho incontrato uno particolarmente tenace. Non me ne voglia, poverino, mi ha fatto anche tanta tenerezza, pero' alla fine non se ne poteva piu'. Non riuscivo a spiccicarmelo in alcun modo. Mi ha fermato per strada, come sempre, ed alla mia espressione preocupata quando mi ha affiancato mi fa:
-"Don't you worry, i just want to talk with you!"
- "That's WHY I AM worry!"
(niente, non ha funzionato). Dopo avermi seguito in albergo, essersi seduto al mio tavolo per pranzo e avermi impedito di mangiare in pace fissandomi per tutto il tempo, non pago di tanta molestia, voleva anche seguirmi nell'escursione alle cascate del Nilo. Grazie a Dio, il tizio che guidava la macchina gliel'ha impedito ed io mi son fatta la mia passeggiata in pace. Al ritorno, ovviamente, come dubitare! lui era li' appostato davanti all'ostello, nonostante gli avessi dato un orario di appuntamento sballato (tanta cattiveria e' stata punita, non temete: le 600 foto fatte nel week end si sono inspiegabilmente volatilizzate dalla mia macchina fotografica!). Al che mi inizia a fare tutto un panegirico sul fatto che per la prima volta in vita sua credeva al colpo di fulmine, che mai avrebbe pensato di volersi fidanzare con una donna bianca, ma che sicuramente (?!) eravamo fatti l'uno per l'altra, il tutto gesticolando, mentre io guardavo ipnotizzata-ma anche alquanto schifata- la sua mano sinistra con le unghie di mignolo ed anulare lunga ognuna almeno 4 cm!E li stavo per dirgli: guarda, sposarti no, pero' se ti raccomando a Barbara d'urso come l'uomo con le unghie piu' lunghe del mondo secondo me svolti alla grande!
Quando ho tentato di millantare l'esistenza di un fantomatico fidanzato che mi aspettava a casa, lui prontamente mi fa:
"beh, ma anche io sono fidanzato, che problema c'e'?li lasciamo!Sicuramente capiranno!!"
Ok, ci rinuncio. Partita persa in partenza!La sera, poco prima di andare in areoporto, ovviamente era li', a darmi "l'ultimo saluto" (sic!), a perorare la sua causa e tentare maldestri approcci fisici prontamente respinti ("sorry, I'm not ready for that!"
Ovviamente l'amico mi ha anche costretto a dargli il numero di telefono, per fortuna non ha mai soldi, per cui dopo una settimana di squilli ininterrotti a cui non seguiva alcuna chiamata da parte mia, ha desistito.
Adieu, mon cherie!

venerdì 17 luglio 2009

abbastanza

Un'altra settimana e' passata, o meglio, e' volata via, come se niente fosse. Ormai i giorni mi passano davanti agli occhi e non me ne accorgo neanche. E mi trovo a chiedermi se sto facendo abbastanza, se sto prendendo il massimo da quest'esperienza che non tornera'. Si avvicina il ritorno e lo sento come una spada di damocle sulla testa. Il biglietto, con su scritto 12 agosto e' li' inesorabile, per quanto io cerchi di non guardarlo. In realta' il punto di svolta e' stato un paio di settimane fa, quando ho superato la meta'...da li' in poi senti che stai per tornare, un po' come quando passi i 40 e capisci che sei a meta' della vita. Niente e' piu' come prima. Quel che e' fatto e' piu' di quel che ti resta da fare e alla domanda " me lo sto godendo abbastanza" la risposta e' sempre no, perche' semplicemente non e' mai abbastanza. E, soprattutto, mi chiedo cosa voglio dopo. E' buffo: normalmente chi fa questo stage e' neolaureato, senza un lavoro e tornato a casa deve decidere sul dopo. Io il dopo ce l'ho gia' scritto: ho una laurea da finire e un lavoro, che comunque mi piace. Ma non riesco a smettere di torturarmi sul senso che voglio dare alla mia vita, se tutto quello che ho, la citta' in cui vivo, e' abbastanza per me. E la risposta, ancora una volta, e' no. Ma, e questo e' fondamentale, mi chiedo se non sara'MAI abbastanza, qualunque lavoro in qualunque citta' del mondo. L'unica cosa che so e che un minimo mi tranquillizza e' che it's not time to make a change, non ancora almeno.

giovedì 16 luglio 2009

Bahir Dar, il Lago Tana e le cascate del Nilo Azzurro

Altro week end out of town, un po' mordi e fuggi. Il che significa sveglia ore antelucane per prendere l'aereo, full immersion di due giorni e riprendi l'aereo meno di 36 ore dopo. Questa volta poi sono stata anche fortunata perche' da Bahir dar per tornare ad Addis i voli non sono solo mattutini, ma ce ne e' uno alle 22.00 che mi ha consentito di sfruttare anche la domenica. Sabato mattina sono andata prima al mercato (niente di che, quello di Addis e' decisamente un'altra cosa) e poi a fare un giretto per questa localita' che fa un po' paesino di mare. I lunghi viali di palme, le biciclette, le rive del lago, i locali che servono succhi freschi sulla strada, se non fosse per i bambini che al solito ti rincorrono per chiederti qualcosa, la gente che dorme per terra e cammina scalza anche in mezzo al fango coperta di stracci, quasi quasi non sembrerebbe di stare in Etiopia. Il pomeriggio sono stata sul lago insieme ad un ragazzo americano, giro in barca e visita a qualche monastero. Piccola nota: la misoginia dei monaci locali mi ha impedito di visitarne alcuni, dove fuori campeggiava un bel cartello con su scritto "ladys are not allowed". E lasciate perdere l'errore di ortografia. E' che le donne, dicono, li distraggono dal pregare. Tale fobia e' talmente acuta che qualcunque esponente del genere femminile viene ricacciato indietro, comprese capre e galline. Che, a dirla tutta, non ho visto particolarmente desiderose di varcare le sacre soglie. Soprattutto le capre, poverine, direi, visto che gli antichi manoscritti conservati- alcuni vecchi di oltre 900 anni- sono fatti interamente di pelle di capra. Quante capre ci abbiamo rimesso la pelle per la grafomania dei saggi, non e' dato sapere. Il giro in barca si e' concluso alla sorgente del Nilo Azzurro, dove il fiume, emissario, lascia il Tana per andare a raggiungere il Nilo Bianco in Sudan. A salutarlo pellicani (centinaia) e qualche ippopotamo.
Domenica mattina sono andata a vedere il palazzo di haile' selassie, dopo che un furbissimo guidatore di baracchino mi aveva portato alla scuola di Haile' Gebreselassie, noto podista etiopico, tra l'altro ancora piuttosto in salute direi, ma gia' con una scuola intitolata. Il Palazzo non e' niente di che, sulla LP si accennava ad una fontana a cascata, ma data la scarsita' di acqua, hanno ragionevolmente deciso di chiuderla. In compenso dalla collinetta di gode di una bella vista sul Nilo. Il pomeriggio, complice l'inaspettato sole, sono andata alle famose cascate del Nilo Azzurro, su cui peraltro non avevo alcuna aspettativa, causa la diga che da qualche anno pare le abbia prosciugate. La passeggiata per arrivarci e' molto bella, e vale da sola i 45 minuti di strada sterrata-uccidi fondoschiena che ti devi sorbire per arrivarci. l'attraverso del fiume in canoa con un vecchio che canta e suona lamentoso uno strumento, suonando le mani come delle nacchere e' una chicca imperdibile. Arrivata a questo punto, le avessi trovate asciutte mi sarei comunque sentita soddisfata

martedì 14 luglio 2009

piccolo dizionario di amahrico

Per cavartela alla grande in Etiopia, dopo oltre due mesi, posso dire che in teoria dovresti conoscere la lingua locale. L'inglese, che in un primo momento mi sembra molto diffuso dopo il contatto con due studenti locali, si e' rivelato poco utile, soprattutto per la vita ed i problemi di tutti i giorni. Senza offesa alcuna, ma la verita' e' che, a parte gli studenti o chi lavora a contatto con stranieri e gli impiegati nel turismo, se ti rivolgi in inglese molto probabilmente non capiranno nulla. E per non offenderti accenneranno un "Ok" accompagnato da un movimento della testa. La cosa si rivela problematica (per quanto spesso divertente) negli spostamenti, se devi chiedere ad un tassista di portarti su un posto o delle semplici indicazioni ad un passante. Ma su questo ritornero' poi. Ora voglio fornire qui una breve guida per faranji all'amahrico, il minimo indipensabile da sapere per muoversi in Etiopia, oltre ad un uso sconsiderato della mimica. Ovviamente le scrivo come si pronunciano, o meglio come nella maggior parte dei casi le ho sentite pronunciare, visto che spesso la dizione cambia da persona a persona. Le parole chiave sono:

- amasseghenello : grazie. Semplice e cortese. Per un primo approccio ad un popolo meglio usare la gentilezza. Non e' utilissimo a fini pratici, visto che fino a "thank you" ci arrivano tutti, pero' gi' il fatto che tenti di biascicare qualcosa nella loro lingua li bendispone. Non costa niente, si impara subito e quantomeno ricevi in cambio un sorriso. Grado di utilita': 2.
- uorajalle: uscita, fermata, discesa. Serve per scendere dai taxi collettivi, i pullmini bianchi e blu eletti a mezzi di spostamento prediletti dai locali e dai faranji squattrinati che non possono permettersi sempre il taxi 'a chiamata'. e' la parola magica. Prova a dire" Sorry, I want to get out" o "Please stop here" e vedrai la faccia del 'bigliettaio' virare dal perplesso al ghigno malefico, ma di' anche solo timidamente "uorajalle" e subito, perspicace tri spalanchera' la porta del bus. L'unico rischio a quel punto e' di essere respinto dentro dall'orda che lo prende di assalto per salire, ma questa e' un'altra storia. Grado di utilita': 9. O se hai i soldi e prendi i taxi normali.
- dengheras: letteralmente " testa di mattonella". Polisenso, la resa in italiano, variabile da 'stronzo' a 'testa di cazzo' passando per tutti gli epiteti ingiuriosi che vi vengono in testa. Va bene un po' per tutto, dall'autista di bus che ti investe nonostante tu stia camminando sul marciapiede, al portatore di materassi (si c'e' anche quello che porta 4 materassi sulla testa) che te li rovescia addosso, dal vecchio che ti sputa sui piedi, al pedone che attraversa senza guardare. Specialmente usato dagli automobilisti, per apostrofare pedoni distratti, faranji e non, e altri automobilisti col pallino dell'autoscontro. Impara ad usare "dengheras" all'occorrenza e ti senti proprio uno di loro. Unico inconveniente: magari ti menano. Grado di utilita': 10.

mercoledì 8 luglio 2009

Riding horse on Wenchi lake

Tra le tante cose che avrei pensato di poter fare nel mio viaggio africano, forse questa era l'ultima, o stava appena piu' su di " masticare chat ed ubriacarsi col tej- un vino locale fatto col miele, nda-, ma sono andata a cavallo. Non che la cosa sia cosi' eccentrica, in realta', ne' c'era bisogno di fare 6000 km per provare quest'esperienza, c'e' un maneggio vicino a Perugia che con 30 euro e un'oretta di tempo soddisfa qualunque curiosita'. E' che non mi era mai passato per la testa, piu' banalmente. E invece, trovandomi a ridiscendere le pendici del monte Wenchi per raggiungere il lago vulcanico omonimo, ci hanno proposto-imposto i cavalli. Proposto nel senso che alla fine potevo anche rifiutare, ma
1- l'esperienza mi attirava in se'
2- la "passeggiata", soprattutto a risalire, non era delle piu' semplici e a farla a piedi avremmo impiegato tre ore, nonche' metri cubi di ossigeno supplementare- a 3000 metri, si sa, non e' proprio come passeggiare in riva al mare.
Per cui, benedetti cavalli, e, nonostante gli acciacchi del giorno dopo, l'esperienza e' stata veramente divertente. Aggiungi che sono riuscita a non farmi disarcionare ne' a cadere dall'altra parte nel tentativo di salure, per cui posso ritenermi piu' che soddisfatta.
Il lago e la montagna sono magnifici, meno entusiasmante il monastero (chiuso, pero' mica ce l'hanno detto prima che pagassimo la traversata!) dove all'interno avremmo dovuto trovare la campana di fasiladas...Nota di merito ai gipeti che volteggiavano sopra di noi (e la scena si fa aulica...) e nota di demerito al tempo, da 'stagione delle piogge" doc, a cui peraltro incomincio a fare l'abitudine. Il mio umore e' ormai novembrino ogni mattina e se per rara congiunzione astrale positiva quando mi alzo non diluvia invoco il miracolo divino.

mercoledì 24 giugno 2009

Gondar, ovvero Come ti spenno il faranji

Sono stata a Gondar. La citta' e' carina, il castello merita sicuramente una visita e ancor di piu' avrebbero meritato i Monti Simien, che purtroppo, per mancanza di tempo, ho dovuto tralasciare. Niente babbuini gelada, quindi, in compenso molte occasioni di essere turlupinata da esponenti della comunita' locale. Quando vieni in Etiopia non devi mai dimenticare (impossibile in realta' te lo urlano dietro ad ogni angolo) che sei un faranji (straniero, bianco), una specie di portafoglio con le gambe. Ovviamente questo non vale per tutti e in queste settimane ho incontrato anche tanta gente oneste e disinteressata. Diciamo che Gondar mi ha ricordato che e' sempre meglio tenere la guardia alta. Quel che mi da' fastidio non e' tanto pagare un panino non mangiato perche' non era quello che avevo chiesto o pagare un succo 3 volte il prezzo standard (si tratta di 3,5 euro al massimo) ma l'atteggiamento che ne ricavi. Mi accorgo giorno dopo giorno di essere diventata sospettosa e diffidente nei confronti di chiunque mi si avvicina e quando qualcuno mi ferma per la strada o comincia a parlare mi trovo sempre piu' spesso ad ignorarlo, o comunque a pensare alla fregatura, o a cosa si inventera' per spillarmi un po' di soldi. Il che e' triste, soprattutto perche' senza un contatto vero con la gente del posto ogni viaggio perde veramente qualcosa. Il mio ottimismo comunque, benche' messo a dura prova dall'alto tasso di truffatori riscontrato a Gondar, non e' ancora del tutto abbattuto.

giovedì 18 giugno 2009

te' caldo e stufetta

Alla fine la stagione delle piogge e' arrivata davvero. Da qualche giorno piove, o meglio grandina, e fa freddo. In 48 ore si e' passati da luglio a novembre, alla faccia delle mezze stagioni (che qui, giustamente non hanno mai visto). In ambasciata fa ancora piu' freddo che in citta', per cui combatto il gelo a suon di te' caldo e stufetta. Se non fosse che il calendario segna il 17 giugno, non ci sarebbe nulla di male. E poi dicono "caldo africano"...

venerdì 12 giugno 2009

ricevimento

Il 2 giugno, come sapete, e' festa nazionale. Ogni anno il nostro ambasciatore da' una festa in cui offre da mangiare (cibo italiano: prosciutto di parma, parmigiano) a tutti gli italiani in Etiopia e, soprattutto, a tutti i suoi colleghi et simili delle altre ambasciate, in una sorta di competizione all'ultimo pasticcino per chi fa il ricevimento piu' figo. Perche'ne va del buon nome dell'Italia, e tutto deve essere perfetto; tovaglie tricolori (!), vestiti impeccabili che neanche alla prima della Scala (tranne poi vedevi signore togliersi con disinvolturai tacchi a spillo e mettersi delle comode ballerine per non rimanere incastrate nel pratino), cibo ineccepibile e sopratutto abbondante. A tutto beneficio di noi comuni mortali, che dopo settimane di frutta (quando va benissimo), scatolette (quando va bene) e injera (quando si e' proprio disperati) possiamo far riposare un po' le papille gustative. La cosa piu' imbarazzante e' stata vedere fior di diplomatici e funzionari avventarsi sul buffet con un'ingordigia che manco il bambino lebbroso della strada..sembrava non mangiassero da settimane. evidnetemente il principio del " e' gratis, famme mangia'" non muore neanche ad alti livelli.Gli unici che, poverini, hanno a malapena toccato sono stati l'ambasciatore, la moglie e un altro paio di segretari & consorti, occupati a fare gli onori di casa fino alle due, quando ormai del sontuoso buffet non c'era piu' traccia.

giovedì 11 giugno 2009

Axum

Il 30 e 31 maggio sono stata ad Axum, ridente localita' nell'estremo nord del Paese, vicino Adua, un tempo capitale di una gloriosa civilta'. Venendo da Addis, l'ho trovata particolarmente piacevole, anche se poteva diventare "desolante" se mi fossi fermata qualche giorno in piu'. E' tranquilla, non ci sono praticamente macchina a parte i solito pullmini collettivi bianchi e blu, anche versione apino, l'aria e' respirabile, i cammelli e gli asini che camminano per le vie acciottolate laterali contribuiscono a creare quell'atmosfera da primi '900 che di per se' costituisce una ragione di visita. Veniamo alle steli: nel 2005 gli abbiamo restituito quella che e' ora la piu' grande delle steli intere( mi pare 26 metri, ma non ci giurerei) che e' stata rimessa in piedi solo nel 2008,in occasione del millennium (si hanno un calendario sfasato). Che poi, l'ho avuta sotto casa per una vita e guarda un po' che mi tocca fare 6000 km per vederla! Comunque da allora gli Etiopi ci vogliono un gran bene, ovunque, anche ad Addis, e' pieno di striscioni e manifesti inneggianti all'amicizia tra Etiopia e Italia. Grazie tante!
Accanto alla stele di Roma, ce ne sono altre: una abbastanza grande che sta in piedi per miracolo sorretta da un argano, e altre molto piccole, alte appena qualche metro. La cosa piu' impressionante pero' e' l'imponente stele che giace per terra in quattro pezzi accanto all'ingresso. Mi si perdoni l'ardito paragone, ma mi ha ricordato il vermone di tremors. pare che la stele, pesnate circa 700 tonnellate, sia venuta giu' nel momento stesso in cui hanno tentato di alzarla, in quanto le fondamenta erano troppo poco profonde per reggere il suo peso. Forse gli axumiti non erano proprio dei geni dell'ingegneria...Comunque Axum merita certamente una visita, anche se raggiungerla via terra e non via aereo come ho fatto io, sarebbe la cosa migliore, tempo permettendo.

martedì 2 giugno 2009

V.I.P. meeting

Venerdi' ho fatto il mio ingresso ufficiale nell'alta societa', accompagnando il nostro ambasciatore ad un meeting alla residenza dell'ambasciatore giapponese. La composizione degli invitati comprendeva una ventina tra ambasciatori e rappresentanti permanenti (WB, UE, etc..) e la sottoscritta, preda di grande imbarazzo, versione nano da giardino (immobile e muta) per buona parte della riunione. L'argomento del giorno era una relazione dell'ambasciatore cinese sulla situazione economica dell'Etiopia e sullo stato degli investimenti cinesi. Da notare;
- l'ambasciatore russo (o presunto tale, la faccia era da russo) sbadiglia clamorosamente con la bocca aperta, senza mano davanti0
-quello indiano beve il te' con il mignolo alzato!
-il padrone di casa, l'ambasciatore giapponese, ha notevoli doti da ventriloquo: parla con la bocca semichiusa, con una cadenza monocorde stile liturgia del mattino, per cui non si capisce niente. La consolazione e' che, a quanto mi e' stato detto, neanche gli altri capiscono nulla e rispondono sempre in maniera abbastanza vaga alle sue domande.

domenica 31 maggio 2009

Si, viaggiare

Dopo quasi tre settimane, finalmente giovedi' sono uscita da Addis. Non me ne vogliano, ma non vedevo l'ora. Con Marco ed Elisa siamo andati al lago Ziway prendendo in affitto un fuoristrada con autista-guida. In realta' era solo autista perche' non parlava una parola di inglese (e anche se, non aveva la piu' pallida idea dei posti dove stavamo andando). Probabilmente per cercare di essere gentile, o perche' cosi' lo avevano istruito, ad ogni domanda che facevamo rispondeva con "it's Ok".
-"So we are going to lake Ziway and if we'll have time to lake Langano."
-"It's Ok'
-"Have you already taken other people there?"
-"It's OK'
mmm...
- "What's your name?"
-"It's OK!
......
Ben presto abbiamo appurato che non c'era mai stato in quanto non aveva la piu' pallida idea di come arrivarci a questo lago Ziway e ha dovuto chiedere la strada 3 volte. Alla fine comunque siamo arrivati ed abbiamo preso una barca a nolo per fare la gita del lago. Dopo aver visto una chiesa, due scimmie e migliaia di uccelli a bird island, nonche' dopo aver avvistato 6 ippopotami (i "branchi di ippopotami" di cui parlava la guida sono evidentemente emigrati altrove) ci hanno riportati indietro, dove il nostro poliglotta guidatore ci attendeva pronto a riportarci a casa. Li' abbiamo avuto modo di apprezzare il suo limitato fraseggio. Al nostro: "So now we are going to lake Langano" per quanto perplesso per l'ora, non ha saputo dire altro che "it's OK".
La 'tazza da te' piu' grande del mondo' sembra sporco da far paura, tanto le sue acque sono tra il marrone e l'arancione, ma e' in realta' l'unico posto sicuro dove un etiope puo' fare il bagno senza beccarsi qualche malattia strana (rischio che tra l'altro sembra non preoccuparli piu' di tanto, a giudicare dalla frequenza con cui li ho visti bagnarsi nelle fogne cittadine o lavarsi nelle pozzanghere).
Guidare dopo le 7 in Etiopia e' per pochi intrepidi. Per centinaia di chilometri non c'e' un lampione, o un centro abitato che possa in qualche modo fare un po' di luce. Le uniche luci sono i fari dei camion che spesso e volentieri guidano nel senso opposto di marcia. A questo aggiungi pedoni, vacche, pecore, biciclette e carretti trainati dagli asini che se ne vanno tranquilli senza ovviamente il minimo segnale luminoso e attraversano la strada con spiccato istinto suicida.

venerdì 22 maggio 2009

Injera

L'injera fa schifo. Ora che l'ho assaggiata posso dirlo, anche se in realta' basterebbe guardarla per capire che proprio una squisitezza non dovrebbe essere. Ma siccome l'apparenza inganna, e non bisogna mai giudicare senza conoscere, mi sono detta che prima di emettere una sentenza, l'avrei provata. Tanto piu' che la lonely planet ne decantava le lodi, definendola ottima per accompagnare ogni piatto e "leggermente amara". Non e' 'leggermente amara". E' rancida. Questa specie di pancake color grigio topo (ma, a quanto dicono, ne esistono diverse gradazioni - mi asterro' da ulteriori verifiche) umido e alto circa mezzzo cm, puzza come se fosse andata a male dalla caduta del Dergue e al gusto e' ancora peggio. Mai mangiato niente del genere in vita mia, neanche la pastasciutta di due giorni prima lasciata nell'acqua di cottura condita con sugo pronto arancio fosforescente che mi hanno propinato a Dublino era paragonabile.
Sono contenta che almeno l'injera che avevo appena acquistato (tra l'altro confezione famiglia da mezzo chilo, l'unica disponibile) ha sfamato un poveraccio per strada, che ha dimostrato di gradirla eccome. Come mi e' stato detto poi, "Non e' per delicati palati occidentali, l'injera".
Sempre in tema di cibo, mi stupisce come in questo paese non producano nulla: biscotti yemeniti e degli emirati arabi, latte e yogurtegiziano, tonno di singapore, non hanno proprio niente di loro. Certo, se e' tutto come l'injera, posso anche capire che preferiscano importarla la roba. A proposito, il latte in cartone non so perche', e' acqua e latte in polvere. ecco perche' costa cosi' caro. Ma non si fa prima a mungere la mucca e basta?

lunedì 18 maggio 2009

nightlife

Giovedi' e venerdi' sera sono uscita, per godermi un po' la vita notturna di Addis. Che, ad essere sincera, mi ha stupito positivamente. Non che io abbia fatto chissa' che, pero' come primo assaggio non e' stato male. La prima sera siamo andate in un pub francese, un po' angusto e tetro da fuori, stile bettola cubana, ma dentro la musica era carina (un mix di locale e occidentale, mi hanno tirato fuori anche i daft punk!)per quanto altissima, impossibile instaurare una conversazione, tanto che mezz'ora dopo eravamo tutti fuori. La cosa fantastica e' che qui nei locali sono ammessi fumatori e cani.
Venerdi' c'era la festa di saluto di una ragazza italiana che ha lavorato qui per oltre un anno, e ora se ne torna a casa. Location: una specie di discopub, sempre francese, che fa molto localino sulla spaggia della riviera romagnola, a parte l'alta percentuale di persone di colore che lo popolano. E' carino, con i tavolini all'aperto ed un sentiero d'ingresso con luci colorate, che porta alla 'pista da ballo' vera e propria, che tempo dieci minuti, visto il diluvio, si e' riempita di gente. Grazie al contributo del dj (italiano!) sembrava davvero di stare a casa, la musica era stile vanilla vecchi tempi.
P.s.: in realta' la cosa piu' straordinaria delle serate e' stato il rientro a casa. Dei pochi lampioni che ci sono ad Addis, ne funzionera' uno in tutta la citta'. Buio totale, non si vedeva ad un metro. E il taxi su cui ero aveva un solo fanale, e solo la luce di posizione!Nel tragitto (breve) dal locale a casa mia mi saranno venuti tre infarti ad ogni incrocio, poi ho deciso che era meglio rassegnarmi, visto che andare a piedi non era certo un'alternativa migliore:)

venerdì 15 maggio 2009

E fu cosi'...

...che la stagione delle piogge arrivo' con un mese di anticipo. A parte due giorni di caldo e sole spaccapietre, da lunedi' ha iniziato a piovere, qualche acquazzone tutto sommato non troppo inopportuno, di notte. Ora, e' da ieri sera che piove, e non accenna a smettere. E le chiamano " Le piccole piogge di maggio". Non oso pensare quelle "interminabili" come saranno...

mercoledì 13 maggio 2009

razionamento

Ho cominciato a lavorare, ma non e' questa la novita piu' importante. O forse si, ma ne parleremo domani. Ieri mattina, nel Bed & breakfast in cui dormivo (in realta' poco bed che e' sfondato e per nulla breakfast, visto che non ce n'e' traccia) e' andata via la luce. Una cosa momentanea, mi illudevo. E invece torno la sera, e l'ingresso, di per se' abbastanza angusto dato lo spazio ristretto, era illuminato da candele. candele in corridoio ( 3,5 m di corridoio), candele persino in bagno. Al di la' dell'atmosfera vagamente cimiteriale o da veglia pasquale (che piu' o meno), ho raggiunto la mia camera(uno sgabuzzino di 2m x 2). Dove di candele, si capisce, neanche l'ombra. E mi sta bene. meglio il buoi totale che la camera in fiamme. Considerando che avevo anche il telefono scarico e senza elettricita' ovviametne non lo potevo ricaricare, che dovevo uscire ma tanto bene alle 8 e' venuto giu' il diluvio universale, direi che posso ufficialmente dire di aver passato serate migliori.
Ma il bello e' sabato si ripete. Ho felicemente appreso infatti che ogni quattro giorni, qui, staccano la corrente per tutto il giorno. Nel senso, ogni giorno da una parte, per cui ogni quattro giorni tocca a te. Welcome to Africa:)

domenica 10 maggio 2009

Be carefull from those two...

Etiopi, gente cordiale, dicevamo. Anche stamattina mentre camminavo tranquillamente per Bole Road, mi si e' avvicinato un tizio, e appena scoperto che ero italiana, apriti cielo! "I am from Asmara, little Rome, you colonized us, do you remember ? (ma mi hai scambiato per matusalemme?)Fantastic!Love u, love italy"...e via dicendo. Devo ammettere la prima persona che ho mai sentitocontenta di essere stato colonizzato. E poi non si staccava piu'. Come quello di ieri. Ok, sei molto simpatico, grazie della compagnia, ma possibile che non hai niente di meglio da fare? Adesso penserete che io sia scortese. A parte un minimo di diffidenza, e' che dopo un po' vorrei sentirmi libera di farmi i miei giri, senza inviti da declinare o peggio ancora sentirmi in colpa perche' " it wasn't my way, I've done all this long road for you". Ma chi te l'ha chiesto, direi io. Pero' non mi lamento. Magari anche noi italiani fossero ospitali con gli stranieri.
il problema e' che tutta questa gentilizza ti abitua male. MEzz'ora dopo aver lasciato il tizio di cui sopra, mi si avvicinano due, stessa trafila "da dove vieni?Italia?fantastic!"...poi, vieni a prendere qualcosa dai, qui. declina 1, 2 volte, alla terza accetti, per non sembrare maleducata. Tanto piu' che un succo me lo facevo volentieri, ed era un luogo con altre persone. neanche il tempo di ordinare ("che succhi avete? banana, mango, ananas, papaya..ok prendo la banana! Eh no, niente banana. vada per l'ananas allora. No, sorry , niente ananas. Insomma che succhi avete? di solito banana, mango, ananas, papaya..Si ma oggi? mango. E vado per il mango!") che un'altra cameriera mi lascia un bigliettino, mandato da due ragazzi occidentali, con scritto "be carefull from those two. Thieves" . Figo! a quel punto fingo improvviso mal di testa (ma non si usava per un'altra cosa in genere?) e prendo l'uscita...ovviamente questi si alzano e vanno a litigare con i miei angeli custodi, mentre io mi defilo. Se fossero ladri davvero, non lo so, pero' in certi casi meglio non approfondire.
Ps: stamattina ho capito perche' la guest house fornisce pratiche ciabatte di gomma. Numero scarafaggi trovati tra camera e bagno:3. numero scarafaggi uccisi:2. Il terzo, quello del bagno, e' sopravvissuto perche' avevo solo le mie scarpe a portata di mano.

sabato 9 maggio 2009

arrive at Addis Abeba

Eccomi qui, to get my first taste of Africa. La prima impressione di Addis?caotica, piena di gente, caldissimo. E non posso neanche lamentarmi, visto che temo lo rimpiangero' quando arriveranno i monsoni. Gli Etiopici a primo acchitto sono cordiali e aperti, a parte quando alzano un po' troppo il gomito o si chiede gentilmente loro di cambiare posto in aereo che stanno occupando il tuo . Detto questo, mi sento osservata ad ogni pass, e mi pare normale, sono cosi' diversa da loro. Ma non in modo minaccioso. Finora ho conosciuto due persone gentilissime, e oneste, almeno a prima vista. Ho cambiato un po' di soldi, ottenuto il numero di un tassista fidato. Ho trovato anche una guest house dignitosa, per cui direi che le necessita' immediate sono state piu' che soddisfatte.
Unico problema, per ora: internet e' lentissimo. E la mia pazienza limitata. Sono in Africa, non posso perdere un pomeriggio intero ad aprile la mia posta elettronica, non trovate? Meglio mettere fuori il naso e vedere che succede...

giovedì 30 aprile 2009

Aria nuova

Manca ormai poco più di una settimana, ma sono già in viaggio. E respiro aria nuova. Perchè il viaggio non comincia nel momento in cui esci da un aereoporto dall'altra parte del pianeta e sei invaso dal caldo e dai tassisti, e nemmeno quando una gentile signorina ti offre del cibo orrendo in vaschette bollenti svegliandoti proprio quando hai appena preso sonno . Il viaggio comincia nel momento in cui sai che partirai. Non importa se mancano tre mesi, tre settimane o tre giorni. Nel momento in cui so il giorno x sarò su un aereo, cambia la mia prospettiva di vedere le cose. Soprattutto se so che starò via a lungo. Parlo di viaggio, non della settimana di vacanza che passi più tempo a sospirarla che a viverla. Quanto tempo devi stare via perchè il tuo biglietto apra le porte di un "viaggio"? Io direi una ventina di giorni. Ma poi alla fine, who cares? cioè viaggio, vacanza, chiamatela come vuoi, l'importante è partire. Si, certo. Ma è diverso. E' diverso se stai via 10 giorni o 2 mesi. E' lo spirito che è diverso. Perchè l'effetto adrenalinico si inneschi, io devo avere in prospettiva almeno 3,4 settimane di viaggio. Poi certo, non si butta via nulla, e mica ci sputo sopra a qualche fine settimana qua e dieci giorni là, se capitano. Ma è tutta un'altra cosa. Adesso è già da un mesetto che si respira aria buona, e questa città mi sembra perfino migliore, e penso che forse mi dispiacerebbe lasciarla definitivamente.Solo per un attimo. Poi rimango in fila per due ore in superstrada e ritorno al viaggio -pensiero: via di qua, ovunque, ma via di qua!In compenso, ieri sera ho visto il più bell'arcobaleno della mia vita (si lo so, suona molto naive, e anche un po' romantic ma mi ha strappato un sorriso). Una piccola cosa per cui stupirsi in questo grigiore, mica male. A volte penso che il problema non è Perugia. Forse se vivessi per un anno a londra, o comunque fissa sempre sullo stesso posto, direi la stessa identica cosa. Forse. Per ora, però, mi accontento di andarmene, almeno per un po'.

lunedì 20 aprile 2009

ripensandoci...

...non so quanto sia di buon auspicio aver iniziato il blog di venerdi 17! Però io non sono superstiziosa, quindi, non mi lascerò condizionare dalle credenze popolari nè da oroscopi vari ( quand'è che se ne va Saturno dal mio segno?), per cui sono convinta che sia solo un caso se, a diciassette (!) giorni dalla partenza ogni tentativo di organizzare qualcosa e lottare contro la burocrazia è miseramente fallito. Attualmente non ho la più pallida idea di:
- quando parto
-come fare per avere il visto e non fare la fine dei disgraziati della Pinar
- dove andare a dormire
- salvarmi da febbre gialla, tifo, meningite, poliomelite, tetano, malaria e altre amenità varie che pare colpiscano chiunque si avventuri in territorio etiope.
Detto ciò, sono comunque ottimista :)

venerdì 17 aprile 2009

Don't lose a day

Senza tanti convenevoli (mai stata brava), dico solo che questo vorrà essere il diario dei miei viaggi, passati, presenti e futuri, dei giorni più felici e più difficili, ma soprattutto più veri. Perchè per me un giorno non in viaggio è un giorno perso. Qui scriverò dei giorni che non voglio perdere, e che non perderò. Augurandomi che siano quanti più possibile.
Questo blog doveva nascere già anni fa, ma tra la mi inettitudine informatica e il poco tempo a disposizione, ho sempre rimandato (non che il mondo ne ha rimesso molto, devo dire:) ).
Comunque, adesso che prevedo di star via per un po', ho deciso che magari sarà un buon modo per comunicare a tutti, amici e parenti, quel che mi succede senza scrivere mail su mail...
Chiudo con un pensiero che trovo bellissimo, tratto da Into the wild:

"So many people live within unhappy circumstances and yet will not take the initiative to change their situation because they are conditioned to a life of security, conformity, and conservatism, all of which may appear to give one peace of mind, but in reality nothing is more dangerous to the adventurous spirit within a man than a secure future. The very basic core of a man's living spirit is his passion for adventure. The joy of life comes from our encounters with new experiences, and hence there is no greater joy than to have an endlessly changing horizon, for each day to have a new and different sun"

Marina